Durante gli scavi a ridosso di una fossa nella bassa Franconia, è stata scoperta una scultura in argilla che risale a migliaia di anni fa. La fisionomia della statuina e il luogo del suo ritrovamento ne indicano un'inequivocabile funzione di oggetto di culto, unico nel suo genere per l'Europa centrale...


a cura della redazione, 13 luglio

Durante uno scavo per i lavori di costruzione della circonvallazione di Mönchstockheim, in Baviera, gli archeologi hanno scoperto un reperto unico nel suo genere per l'Europa centrale, che rappresenta un'antichissima Dea dell'Acqua. Statuette simili, in argilla, sono state rinvenute nella regione occidentale del Mar Nero, l'odierna Bulgaria, e risalgono al V millennio a.C.. Finemente modellata, con le orbite, il naso, le labbra e il mento chiaramente visibili, l'effige preistorica è alta solo 19 centimetri.

Purtroppo diverse parti del viso si sono staccate: la figura una volta aveva un naso adunco, che ricorda il modo in cui venivano raffigurati gli uccelli acquatici, e zigomi ingrossati. Stefanie Berg, capo conservatore dell'Ufficio statale bavarese per la Conservazione dei Monumenti, ritiene che questi ultimi potessero essere corna o una specie di cerchio intorno alla testa, una sorta di aureola. Il suo volto resta astratto, non personalizzato, come se indossasse una maschera sciamanica. Ogni lato della testa presenta cinque fori, dall'altezza del mento inferiore fin sopra la linea dell'occhio, che potrebbero essere stati il supporto per anelli di metallo. Infine, la forma del corpo, in un unico blocco, non fornisce alcuna informazione sul sesso. Mancano le gambe e la superficie anteriore della parte superiore del busto.

Gli archeologi ritengono che non sia un caso che la statuina giacesse in profondità, in quello che un tempo era uno "specchio d'acqua", nell'altopiano oggi arido della Franconia, circondato da sorgenti. La fisionomia, come il luogo del ritrovamento, ci parlano della sua funzione di oggetto di culto con un forte legame con l'Acqua e il Femminino Sacro. Simbolicamente questa fonte di vita, paragonabile al liquido amniotico in cui è immerso il feto, è un elemento chiave legato alla Dea Madre che ricongiunge Cielo e Terra. 

Il Femminino Sacro dominava ogni aspetto della vita in tutte le regioni comprese nell’area della Vecchia Europa, in un periodo che va approssimativamente dal 7000 al 3500 a. C., dove sono state trovate moltissime statuette sacre dai tratti femminili (più di 30.000). Marija Gimbutas, che studiò migliaia di queste statuette e di oggetti, suddivise i simboli iconografici rappresentati in due categorie. Ci sono quelli che appartengono agli elementi dell’aria, dell’acqua e della pioggia, repertati su tutta l’oggettistica, il vasellame e i modelli in creta dei templi, come losanghe, labirinti, spirali, linee a zigzag, onde, uova di serpente e uccello. E quelli che appartengono al ciclo delle stagioni e della vita, come la croce (legata ai quattro elementi della dimensione materiale, ai punti cardinali e alle stagioni), la croce in un cerchio, la croce uncinata, la luna crescente, le corna bovine, il carro, l'uovo, il pesce (quest'ultimo meriterebbe un discorso a parte in quanto legato alla vulva della Dea e al mito dell'uovo primordiale). In questo reperto troviamo sia il naso uncinato, che richiama la simbologia dell’uccello, considerato anticamente una creatura dell’acqua, sia la mezza falce di luna o le corna, che partirebbero dagli zigomi, associate sin dal Paleolitico alla fertilità e al ciclo di morte e rinascita che governa l’Universo.
TI POTREBBE INTERESSARE 👉🏻 SANTUARIO DELLA DEA DI 9.000 ANNI FA IN GIORDANIA?

La piccola figura in argilla era custodita insieme a pezzi di vetro, ceramiche, strumenti in osso e un sigillo. I reperti ceramici non mostrano segni da esposizione agli agenti atmosferici, suggerendo siano stati intenzionalmente depositati come offerte. "È plausibile che le persone a quel tempo considerassero questo luogo sacro e che la piccola statuetta servisse loro come offerta rituale o addirittura gli attribuissero poteri magici", spiega in un comunicato il curatore generale Prof. Mathias Pfeil, capo dell'Ufficio Statale per la Conservazione dei Monumenti Bavaresi.

FOTO ©Bayerisches Landesamt für Denkmalpflege - Anche il sigillo in argilla rinvenuto nello stesso sito è estremamente insolito. La sua superficie di stampa è curva verso l'interno, gli esperti ritengono che fosse usato per decorare materiali organici

La piccola Dea è stata trovata in una fossa preistorica, nelle vicinanze di un insediamento del periodo Hallstatt ai margini della pianura di Unkenbach. La cultura di Hallstatt fu predominante nell'Europa occidentale e centrale durante la tarda età del bronzo e la prima età del ferro, così chiamata da un villaggio sul lago nel Salzkammergut austriaco a sud-est di Salisburgo. Gli scienziati hanno datato al radiocarbonio un pezzo di carbone e un chicco di grano bruciato trovati accanto alla figura e hanno scoperto che entrambi risalgono all'VIII-VI secolo a.C.. Un indizio che ha portato i ricercatori dell'Ufficio bavarese a ipotizzare che il misterioso oggetto possa risalire a un culto praticato in questi luoghi 2.800 a 2.500 anni fa. Non è chiaro, però, se la statuina sia un oggetto più antico, tramandato per millenni. 


RIPRODUZIONE RISERVATA ©Enigmaxnews2022


a cura della redazione, 21 marzo

Gli archeologi li chiamano “cucchiai”. Hanno un’età compresa tra 2.200 e 2000 anni e sono stati trovati a Crosby Ravensworth nell’Eden Valley nel 1868. Secondo l’edizione del 1869 del "The Archaeological Journal", sono stati trovati da un contadino vicino a una sorgente d’acqua. C’era un piccolo tumulo vicino alla sorgente, nel quale sono stati trovati pezzi di pietra da taglio che erano stati evidentemente sottoposti all’azione del fuoco, e alcune tracce di cenere e di terra bruciata terra. La cosa strana è che tali oggetti non sono stati trovati insieme, ma a sette metri di distanza l’uno dall’altro nel terreno paludoso che circonda la sorgente e a una profondità di circa mezzo metro. Non ce ne sono molti altri simili, ne sono stati trovati solo 25 tra Gran Bretagna, Irlanda e Francia, e sempre in coppia, tutti con la stessa “decorazione” di base: uno dei due è inciso con linee che lo dividono in quattro quarti e l’altro ha un foro praticato su un lato. 

Hanno un "manico" poco profondo, simile a un’estremità abbastanza grande da poter essere afferrata tra il pollice e l’indice. Su entrambe le due impugnature è inciso un cerchio: uno è più piccolo e al suo interno sono tratteggiate due forme, simili a embrioni, unite da una linea irregolare, che ricordano lo Yin e lo Yang; l'altro, più grande, contiene un disegno più complesso, nel quale sembra essere circoscritto un triskele. Non sono ovviamente fatti per mangiare. Si è ipotizzato, però, abbiano uno scopo rituale, forse battesimale. Il British Museum, che li costudisce, suggerisce che potrebbero anche aver avuto uno scopo divinatorio, con il liquido che veniva sgocciolato dal cucchiaio con il foro sul cucchiaio diviso in quattro quarti. 

In questo caso, tra le ipotesi, gli studiosi suggeriscono che possano essere stati utilizzati acqua, birra o sangue, o comunque un liquido piuttosto viscoso, forse anche l'albume d’uovo. Nessuno dei 25 cucchiai è stato trovato, per quanto ne sappiamo vicino a insediamenti. La maggior parte proviene da paludi, fiumi e sembra siano stati sepolti deliberatamente. Alcuni sono stati trovati persino nelle tombe. D’altronde per i Celti, come per altri popoli prima di loro, la terra acquosa era una terra di mezzo, una sorta di portale per comunicare con gli inferi. E il fatto che oggi continuiamo a buttare monete in pozzi, fontane o sorgenti suggerisce che questo istinto è ancora profondamente radicato in noi.


RIPRODUZIONE RISERVATA ©Enigmaxnews2022

Le iscrizioni di un’antica spilla medievale scoperta in una chiesa in Inghilterra, ne suggeriscono un uso rituale, tra il sacro e il profano....


a cura della redazione, 18 febbraio

Le iscrizioni di un’antica spilla, scoperta in una parrocchia a Manningford nel Wiltshire, all'estremità settentrionale della pianura di Salisbury, suggeriscono un uso rituale dell’oggetto. Il prezioso ornamento risale a un periodo compreso tra il 1150 e il 1350 d.C. ed è inciso con una preghiera latina e le iniziali di una frase ebraica che si ritiene abbia proprietà amuletiche. Sebbene questo tipo di spilla con iscrizione sia stata trovata in precedenza, quella di Manningford è unica nella documentazione archeologica, perché è completa, non ha errori (comuni in un’epoca in cui gli artigiani non erano alfabetizzati), ed è incisa su quattro lati. Fu scoperta con il metal detector da William Nordhoff nel marzo dello scorso anno in un campo appena arato a Pewsey Vale. In Inghilterra e in Galles, i metal detectoristi riferiscono le loro scoperte al Portable Antiquities Scheme (PAS), un'organizzazione sponsorizzata dal governo che pubblica rapporti e immagini dei reperti sul proprio sito Web e talvolta su riviste accademiche. 

Una fibula votiva o un amuleto? A prima vista sembrerebbe un lussuoso ornamento muliebre decorativo, composto da un anello circolare con uno spillo fissato da un passante. La parte anteriore e posteriore della cornice sono smussate, creando quattro superfici tutte incise in lettere di stile lombardo. L’iscrizione su tre delle superfici recita + AVE. MARIA. GRACIA. PLENA: DOMINVS: + T: ECVM: BENEDICTATV: INMULIERIBV ET: BENEDI(CT)VS: FRVCTVS: VENTRIS: TVI. AMEN. ( “AVE MARIA PIENA DI GRAZIA IL SIGNORE/ È CON TE/ TUA BENEDETTA TRA LE DONNE/ E BENEDETTO È IL FRUTTO DEL TUO GREMBO. AMEN”) La “S” alla fine di “MULIERIBV” è mancante, non è un errore, ma una scelta deliberata perché l’attacco a perno era d’intralcio. Sulla quarta superficie, però, l’angolo interno inverso, recita: + A + G + L + A +. Una scritta che rende il gioiello un sigillo amuletico. AGLA, infatti, è un antico simbolo protettivo, derivato dalla tradizione cabalistica dell’acronimo che rimanda alla formula “Atah Gibor Le-olam Adonai” (“Tu sei Onnipotente in eterno, o Signore” - Adonai è uno dei quattro nomi di Dio). Secondo la Kabbalà tale sigla ha un potere apotropaico e, in particolare, è volto alla protezione dalle forze negative. Eliphas Levi in “Storia della Magia” spiega che saper leggere questa parola e saperla pronunciare, cioè comprenderne i misteri e tradurre in azione queste conoscenze assolute, significa possedere la chiave delle Meraviglie: “Pronunciare kabbalisticamente il nome AGLA significa dunque subire tutte le prove dell’iniziazione e compierne tutte le opere”. Il mistero della parola e dei suoni è profondo e nei rituali ermetici, il valore fonico, analogico e determinativo è tutto, anche senza nesso logico tra la significazione della parola profana e lo scopo ermetico che si vuole ottenere. Il verbum, infatti, è sostanza o lievito di materia. 

Perché questa commistione tra preghiera ed evocazione magica? Spesso non è possibile decidere in modo univoco se un ritrovamento avesse una motivazione religiosa, come un sacrificio o un’offerta votiva, o un’intenzione magica, come il tentativo di imporre una risposta, una reazione favorevole dal mondo spirituale. Comune a entrambi, religioso o magico, era la convinzione che fosse possibile connettersi con un altro mondo attraverso oggetti materiali e rituali ad essi associati. Ma magia e religione differiscono tra loro: nella religione l’uomo venera la divinità, nella magia usa la divinità per i propri scopi. Pertanto, i rituali magici hanno la forza di costringere gli spiriti o le forze ultraterrene ad agire come desiderato, se i rituali magici prescritti sono stati adempiuti correttamente. Ma questa distinzione tra religione e magia non è sempre netta, poiché all’interno dei rituali religiosi troviamo molte componenti magiche. Secondo Frank Klaassen, professore di Storia all'Università del Saskatchewan, riportato su Live Science, le iniziali ebraiche per "AGLA", sarebbero state comunemente usate nella magia rituale per amuleti protettivi e incantesimi come "uno dei tanti nomi divini o parole di potere comuni nelle tradizioni medievali".

A fare la differenza, però, potrebbe essere l'uso dell’oro, simbolo per eccellenza del divino, utilizzato nell'investiture, nell'accumulo di tesori votivi, nei corredi funebri e nell'invito a utilizzarlo come "inchiostro" per le formule rituali, persino nell'Antico Egitto. Non ci sono esempi, almeno nelle fonti scritte dell’Inghilterra anglosassone, che facciano riferimento all’oro usato nelle pratiche magiche. L'associazione alla sfera divina, per le sue qualità intrinseche, la troviamo sia nella religione precristiana che in quella cristiana. La lucentezza dell’oro, la sua natura indistruttibile, la sua malleabilità e la sua relativa scarsità ne fanno un materiale ideale per incarnare qualità sovrumane, ma anche espressioni della venerazione umana del divino. Tanto che è stato sempre percepito come un materiale appropriato con cui rivolgersi agli Dei. Templi, santuari e chiese sono riccamente decorati con statue e immagini dorate. Gli Dei dei miti germanici vivevano, secondo la Voluspa, in una sala ricoperta d’oro, e giocavano con giochi da tavolo d’oro. La stessa attrezzatura liturgica era d’oro. Esiste anche una lunga tradizione di ex voto, ad esempio sotto forma di tavolette realizzate in metalli preziosi, oro o argento, e dedicate a una divinità.


RIPRODUZIONE RISERVATA ©Enigmaxnews2022