Intervenendo per il il restauro sull’edificio preispanico, oltre a rinvenire i resti di policromia rossa originaria, è stato individuato un accesso sul tetto della casa D, che conserva tre gradini...


a cura della redazione 1 luglio

Dopo quattro anni di lavoro sul campo, un gruppo di restauratori ha confermato che il tetto del centro cerimoniale e amministrativo della città di Palenque, nel Chiapas, noto come il Palazzo, era dipinto di rosso. Intervenendo in modo integrale sull’edificio preispanico, dai suoi tetti alle sue fondamenta, gli specialisti hanno registrato importanti scoperte; tra le più recenti, il rinvenimento di resti di policromia rossa originaria. Durante il restauro è stato anche individuato un accesso sul tetto della casa D, che misura 75 per 45 centimetri, che conserva tre gradini. La recente scoperta porta gli esperti a ripensare gli usi dati in passato ai tetti (PDF). 

Si tratta dell'edificio Maya più emblematico della zona, costituito da quattro costruzioni: le cosiddette case B, C, D ed E. Questi lavori hanno permesso di rilevare anche un vecchio accesso sul tetto della Casa D, dove sono stati rilevati i resti dell'originaria policromia rossa. 

LO SAPEVI CHE - Contrariamente agli Antichi Egizi, i Maya costruivano le piramidi raggruppando piccole pietre che furono poi ricoperte di stucco e dipinte di rosso, a simboleggiare il Ch'ulel o energia vitale (sangue), di cui imbevevano le loro piramidi per compiere l'Atto di Potere. Ed è per questo che I Maya chiamavano le loro piramidi Witzob' (Montagne Magiche).

Il condirettore del progetto di Conservazione architettonica e finiture decorative del palazzo, Haydeé Orea Magaña, insieme all'archeologo Arnoldo González Cruz, ha spiegato che la posizione del frammento policromo, che misura 1 metro per 85 centimetri, era all'estremo nord della Casa D, pur rimuovendo il cemento che era stato posto in un precedente restauro, effettuato dall'archeologo Jorge Acosta, tra gli anni '60 e '70, quando fu posato il cemento che la proteggeva. La traccia di pigmento rosso, prodotto da ossidi di ferro e altri minerali, è stata nuovamente ricoperta da strati protettivi e intonaci di calce e sabbia, per garantirne la permanenza in futuro. Se fosse stato lasciato scoperto, il colore si sarebbe presto degradato. 

Nel periodo classico (250-1000 dC), Palenque fu una delle più importanti capitali Maya. Raggiunse il suo apogeo sotto il regno di Pakal (615-683). I Maya consideravano Palenque, una città che conoscevano come Lakamhá, la capitale di uno dei quattro settori del loro mondo. Questa era limitata alle giungle della Mesoamerica (la vasta regione storica formata dal Messico e dall'America Centrale), e si estendeva per poco meno di 300.000 chilometri quadrati che oggi sono divisi in quattro paesi: Messico, Guatemala, Belize e Honduras. 

LO SAPEVI CHEIl corredo della Regina Rossa. Quella di Pakal II non è l'unica tomba rilevante a Palenque. Proprio accanto al tempio che protegge la cripta di quel sovrano c'è un insieme di templi, costruiti nell'VIII secolo, che proteggono le tombe di importanti membri della dinastia Palenque. Nel Tempio XII, o Tempio del Teschio, è stata trovata una stanza a volta contenente alcune ossa umane frammentate e numerosi oggetti di giadeite. Il tempio più importante di questo complesso è senza dubbio il Tempio XIII o Tempio della Regina Rossa, all'interno del quale è stata edificata una struttura funeraria a tre vani voltati, divisi da ampie mura. Nella sala centrale è stato rinvenuto un sarcofago monolitico, coperto da una lapide, con lo scheletro di una donna intorno ai 40 anni, accompagnato da sontuosi corredi funerari.

La stessa policromia si trova in una camera funeraria scoperta 23 anni fa a Palenque, una tomba reale di circa 1.500 anni fa, si trova all'interno del Tempio XX ed è, secondo l'INAH, almeno due secoli più antica della tomba di Pakal. Per le date siamo antecedenti alla nascita della dinastia Palenque, intorno all'anno 400. Si potrebbe parlare del recinto funerario del suo fondatore, anche se questa rimane ancora una speculazione. Questo spazio potrebbe essere un'anticamera, perché non sappiamo cosa c'è sotto. Studi sui murales hanno rivelato un'alta concentrazione di solfuro di mercurio o cinabro, un pigmento molto apprezzato in Mesoamerica. La camera funeraria, però, non contiene solo la pittura murale, perché sulla soglia ovest ci sono anche frammenti di un tessuto di colore grigiastro che è attaccato a un cornicione, mentre nell'accesso alla camera principale, ci sono dipinti rinvenuti negli stipiti. Forse i pigmenti che sono stati applicati su questa superficie contenevano un legante per gomma base da una pianta locale. 

A differenza delle camere funerarie di Pakal e della Regina Rossa, la camera o l'anticamera del Tempio XX non ha un sarcofago, almeno da quanto scoperto sino ad ora, ma ha murales in vivaci toni di rosso sui tre lati, con rappresentazioni di dei Nove Signori di Xibalba, o del mondo sotterraneo, che appaiono anche, modellati in stucco, nella tomba di Pakal. I murales mostrano questi personaggi mitici che indossano copricapi, scudi e sandali. Si tratta di un recinto funerario del primo classico (400-550 dC), uno dei pochi esempi di murales scoperti in contesti funerari a Palenque. Quest'anno saranno avviati gli interventi di riparazione e consolidamento dei rilievi stuccati dei nove signori della notte che circondano la camera funeraria del sovrano K'inich Janaab' Pakal, ospitata nel Tempio delle iscrizioni. Quali altri segreti scopriremo?


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La scoperta mostra che i Maya organizzavano il tempo in modo rituale molto prima di quanto si credesse in precedenza. Tra le illustrazioni dei loro dei e l'origine del mondo, gli archeologi hanno trovato uno dei primi esempi della scrittura di questa civiltà precolombiana...


a cura della redazione, 13 aprile

Gli archeologi hanno trovato il primo esempio di annotazione del calendario Maya su due frammenti di murales, rinvenuti nelle profondità della piramide guatemalteca di San Bartolo, nella giungla di El Petén, tra migliaia di resti di antiche pareti. Una scoperta che dimostra come i Maya organizzassero il tempo in modo rituale molto prima di quanto si pensasse. Su un frammento sono disegnati un punto e una linea orizzontale, mentre tra la sua parte inferiore e il secondo segmento di gesso è ben visibile la testa di un cervo. 

LO SAPEVI CHE - La data dei “7 cervi” era seguita, nel Tzolk'in, da “8 stelle”, “9 giada/acqua”, “10 cani”, “11 scimmie”... Durante il periodo classico, gli scribi Maya usavano solo raramente la testa di cervo come glifo per il settimo giorno. Invece, era molto più comune usare un segno della mano, che mostrava il tocco del pollice e dell'indice. Ciò può essere spiegato dall'uso stabilito del segno della mano in altre impostazioni come il segno fonetico "chi", che indica in Ch'olan il "chij", derivato dal proto-Maya "kehj". Ciò riflette lo status del Ch'olan come lingua e scrittura di prestigio, usata anche tra le comunità nelle pianure Maya. Sino ad ora il primo uso attestato come "il giorno Cervo" era stato registrarto nel primo periodo classico (dal 200 al 500 d.C.). L'uso della testa di cervo a San Bartolo datato tra il 300 e il 200 a.C. circa, invece, potrebbe rappresentare una fase iniziale dello sviluppo della scrittura Maya, prima che la mano del "chi" puramente fonetico emergesse come forma Ch'olan standard del segno.

Segni che alludono, secondo i ricercatori, allo Tzolk'in, il calendario sacro composto da 260 giorni, rappresentati da glifi e numerati da uno a 13 in modo ciclico, che ricordano la durata della gestazione umana. In particolare si tratterebbe di un chiaro riferimento al giorno dei "7 cervi": il popolo Maya, infatti, scriveva il numero sette con due punti in cima a una linea. Secondo gli studiosi manca, però, il pezzo che riporta il secondo punto, ma contano di trovarlo tra i 249 frammenti che hanno sino ad ora attribuito all'antico calendario. I dettagli di questi risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science Advances.

Scoperto nel 2001, da un gruppo di studiosi, guidato da William Saturno, il luogo si distingue per la sua piramide a gradoni, cui sono state attribuite sette fasi costruttive, poste l'una sull'altra. Durante ogni nuova fase le mura coprivano completamente quelle precedenti, includendole all'interno delle fondamenta. 

Gli scavi archeologici nel sito Maya hanno rivelato una serie di importanti dipinti murali risalenti al periodo tardo preclassico (dal 400 a.C. al 200 d.C.). Questi provenivano da un unico complesso architettonico, chiamato Las Pinturas per i colori vivaci utilizzati negli affreschi. Il luogo era associato alle osservazioni astronomiche Maya e alla scienza del calendario, cui afferiscono diverse strutture ausiliarie che definivano l'intero complesso rituale, comprensivo di una piattaforma allungata denominata Ixbalamque

Gli archeologi hanno scoperto più di 7.000 pezzi di gesso e resti delle pareti distrutte. I frammenti che riportano il giorno dei "7 cervi" sono stati attribuiti tra la III e la IV fase costruttiva, quando la piramide centrale era più piccola. Per ampliarla i suoi muri furono abbattuti. Ciò che ha destato maggiormente l'attenzione degli studiosi è il rispetto con cui i Maya trattarono i detriti depositandoli con precisione all'interno della camera ampliata come una sorta di sepoltura simbolica delle immagini e dei testi su di esse custoditi. La cura con cui i Maya smantellarono il murales, come ne hanno rimosso l'intonaco, come lo hanno posto all'interno della camera suggerisce l'esistenza di una regola costruttiva: realizzando la nuova struttura, seppellirono quella vecchia come se la considerassero qualcosa di sacro, là dove nelle immagini dipinte, impregnate di ritualità, era stata impressa la Vita.

Le indagini sulle fondamenta architettoniche di questo complesso rituale hanno rivelato dipinti anche precedenti e un frammento che conteneva importanti prove della prima scrittura geroglifica Maya. I famosi murales policromi di San Bartolo raffigurano divinità e umani in scene di carattere mitologico che ci danno uno spaccato della loro cultura e religione. Sembra furono dipinti all'interno di un tempio, durante la penultima fase del complesso. Con l'aiuto di sofisticate tecnologie di imaging e delle conoscenze accumulate su tale civiltà, i ricercatori sono riusciti a ricomporre scene che mostrano l'origine del mondo secondo l'antico popolo scomparso, del loro dio del mais o del dio del Sole che sorge sulla montagna.

Gli archeologi hanno anche trovato glifi che forniscono nuovi indizi sugli aspetti chiave di questa antica cultura. Uno è il primo riferimento scritto abbinato a una figura su un trono in dipinti che precedono di 100 anni la monarchia di Tikal, Ceibal o Palenque. Datato tra il 300 e il 200 a.C. circa, è considerato uno dei primi esempi di scrittura precolombiana del Mesoamerica, testimoniando che già allora esistevano una complessa organizzazione sociale e una gerarchia del potere. Precedenti scoperte di iscrizioni geroglifiche al San Bartolo hanno dimostrato che i sistemi di scrittura si erano sviluppati nell'area delle pianure Maya centrali molto prima di quanto si pensasse in precedenza. I primi esempi di scrittura geroglifica Maya, trovati a Oaxaca, in Messico, risalgono al 400 a.C. circa, quelli di San Bartolo risalgono al 300 a.C. circa, un indicatore significativo di espansione in un breve lasso di tempo, considerando che San Bartolo si trova più di 800 chilometri a sud-est di Oaxaca.


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