Il più grande e potente telescopio spaziale del mondo ed è arrivato al punto di osservazione designato alla ricerca dell’alba dell’Universo...


Daily Mail, 24 gennaio

James-Webb “parcheggia” nello spazio profondo A UN MILIONE di miglia dalla Terra. Il più grande e potente telescopio spaziale del mondo ed è arrivato al punto di osservazione designato alla ricerca dell’alba dell’Universo. Lunedì scorso, dopo un viaggio epico, lanciato il giorno di Natale dalla Guyana francese su un razzo Ariane 5, il telescopio della NASA, finanziato dall’Agenzia spaziale europea (ESA), si è stabilito nella sua orbita attorno al Sole nella posizione prefissata, il punto 2 di Langrange, un area di equilibrio gravitazionale tra la il nostro pianeta e l’Astro lucente. 

Gli specchi dell’osservatorio da 10 miliardi di dollari devono ancora essere allineati meticolosamente, i rivelatori a infrarossi sufficientemente raffreddati e gli strumenti scientifici calibrati prima che le osservazioni possano iniziare a giugno. Le immagini che invierà consentiranno agli astronomi di scrutare indietro nel tempo, fino a quando le prime stelle e galassie si stavano formando 13,7 miliardi di anni fa. Gli astronomi utilizzeranno il telescopio per osservare le prime galassie dell'Universo, indagare sui luoghi di nascita di stelle e pianeti e scansionare le atmosfere di mondi alieni alla ricerca di possibili segni di vita. 

Sviluppato dalle agenzie spaziali americane, europee e canadesi e con l'aiuto di appaltatori privati come Lockheed Martin, Webb è stato descritto come il "telescopio più complesso mai costruito". Con le sue capacità a infrarossi, cercherà stelle e galassie antiche, studierà la formazione di stelle, esopianeti e cercherà la vita nella Via Lattea. Il telescopio spaziale ha il potenziale per trasformare letteralmente e figurativamente la nostra visione del cosmo e la nostra comprensione del nostro ruolo in esso. La missione dovrebbe durare per almeno cinque anni, ma l'obiettivo è mantenere il super telescopio attivo per almeno dieci.


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Basato sul romanzo di fantascienza di Jack McDevitt: la nostra luna potrebbe non essere ciò che pensiamo sia...


a cura della redazione, 4 gennaio

In arrivo a febbraio nelle sale cinematografiche, ma presto disponibile anche su Netflix (https://www.netflix-movies.com/movie/406759/moonfall)  un nuovo film targato Ronald Emmerich, basato sul romanzo di fantascienza di Jack McDevitt, nominato per il Nebula Award nel 1998. Una forza misteriosa spinge la Luna fuori dalla sua orbita attorno alla Terra e la fa precipitare in rotta di collisione con la vita come la conosciamo. Con poche settimane prima dell'impatto e il mondo sull'orlo dell'annientamento, un esecutivo della NASA, un ex astronauta e un teorico della cospirazione organizzeranno un'impossibile missione disperata nello spazio, lasciandosi alle spalle tutti coloro che amano, solo per scoprire che la nostra Luna non è ciò che pensiamo che sia... Un nuovo disaster movie, insomma, tanto per ricordarci che intimamente già sappiamo che stiamo andando verso la distruzione, eppure non facciamo nulla concretamente per cambiare le cose. Piuttosto preferiamo cercare risorse alternative nello spazio e consolarci convincendoci di non essere soli, sperando che gli altri inquilini del cosmo no siano "cattivi"! Anche per chi non è un grande fan del lavoro di Ronald Emmerich, gli si deve riconoscere la temerarietà di attingere continuamente ispirazione dai percorsi più selvaggi e provocatori del paranormale. Stiamo parlando del regista responsabile della rinascita dell'antica teoria degli alieni con Stargate (1994) e Independence Day (1996), probabilmente il suo film di maggior successo, che ha introdotto sia Roswell che Area51 nella moderna culturapop.


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Ultimamente un'immagine, scattata dal Mars Reconnaissance Orbiter il 29 dicembre 2006, è tornata alla ribalta sul WEB profilata su vari siti, corredata da affermazioni sensazionalistiche. Tutte speculazioni?...


The Black Vault, 16 dicembre

Ultimamente un'immagine, scattata dal Mars Reconnaissance Orbiter il 29 dicembre 2006, è tornata alla ribalta sul WEB profilata su vari siti, corredata da affermazioni sensazionalistiche. Tutte speculazioni? C'è chi dice sia la scia di un oggetto atterrato su Marte. Chi pensa potrebbe essere una rampa che conduce a un ingresso sotterraneo e chi ritiene si tratti di una struttura del Progetto Ice-Worm incompleta. Ma potrebbe anche essere semplicemente una strana duna a forma di arco. La foto che riportiamo è stata originariamente pubblicata e profilata da Jean Ward su YouTube. Secondo il signor Ward si tratterebbe di un'anomalia individuata  nel sito marziano di Ceti Mensa, nella regione Valles Marineris. L'anomalia si presenta come l'impronta di un oggetto a forma di disco che, a detta di Ward, potrebbe aver colpito la superficie di Marte con un angolo molto basso, lasciando dietro di sé una fossa. L'impronta a forma di disco misurerebbe circa 12-15 metri di diametro. In realtà, come ha fatto notare Chris Okubo, esiste una spiegazione scientifica. Questa immagine, di fatto, mostrerebbe le stratificazioni del Candor Chasma, un grande canyon alto almeno 4 chilometri nel sistema Valles Marineris, costituito da strati sedimentari di sabbia e polvere erosi, molto probabilmente dal vento. Quindi le colline allungate potrebbero rappresentare aree di roccia più forti a causa delle differenze nelle dimensioni delle particelle sedimentarie, dell'alterazione chimica o di entrambe. Uno degli aspetti più accattivanti di questa scena sono gli intricati vortici che questi strati formano. La roccia sedimentaria si accumula generalmente in strati orizzontali. Questi strati, tuttavia, sono stati piegati secondo schemi anomali. La piegatura potrebbe essersi verificata a causa del peso dei sedimenti sovrastanti? Di certo sarebbe utile comprendere la storia geologica di questa regione, il che potrebbe fornire indizi sulla storia dell'acqua su Marte, di cui si parla molto sui media negli ultimi tempi, perché questi strati potrebbero essersi accumulati in laghi poco profondi e potrebbero aver subito reazioni chimiche con l'acqua liberando l’energia che potrebbe aver sostenuto oasi abitabili in queste aree.


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