Gli archeologi hanno iniziato un nuovo scavo nella tomba a camera neolitica legata al leggendario Re e al mito del Santo Graal...


a cura della redazione 1 luglio

Gli archeologi dell'Università di Manchester hanno iniziato uno scavo in un sepolcro di 5.000 anni fa, sperando di rispondere ad alcuni dei misteri che circondano l'enigmatico sito. Si tratta di una tomba a camera neolitica, situata su una collina che domina sia la Golden Valley che la Wye Valley nell'Herefordshire, in Inghilterra. Non è mai stata scavata in precedenza, ma l’English Heritage afferma che esempi simili nella stessa regione sono stati trovati per contenere resti scheletrici incompleti di diverse persone, insieme a scaglie di selce, punte di freccia e ceramiche. 

Come molti monumenti preistorici nell'Inghilterra occidentale e nel Galles, questa tomba è stata collegata a Re Artù sin da prima del XIII secolo. Secondo la leggenda, fu qui che Artù uccise un gigante che lasciò l'impronta dei suoi gomiti su una delle pietre mentre cadeva. Altre leggende suggeriscono che la tomba sia un indicatore di una delle grandi battaglie di Artù, o che le impronte siano state lasciate dallo lui stesso quando si inginocchiò lì per pregare. Sembra sia la stessa pietra che ha ispirato CS Lewis quando ha creato il suo mondo immaginario di Narnia, ponendo la “Pietra di Artù”, come altare su cui viene sacrificato il leone Aslan in “Il leone, La strega e L'armadio”.

Oggi rimangono solo le pietre più grandi della camera interna, poste in un tumulo la cui dimensione e forma originali rimangono un mistero. La camera è formata da nove pietre verticali, con un'enorme pietra di copertura che si stima pesi più di 25 tonnellate in cima. Vi si accedeva dal lato del tumulo di copertura, tramite il passaggio ad angolo retto. C'è una pietra isolata che probabilmente faceva parte di un falso ingresso, forse fornendo un focus visivo per le cerimonie.

Il sito risale al periodo compreso tra il 3.700 a.C. e il 2.700 a.C. durante il periodo neolitico. È improbabile che il monumento sia stato costruito esclusivamente come tomba. Qui potrebbero essersi svolti rituali degli antenati, attraverso i quali si potevano mettere in gioco pretese su una particolare area di terra. Costruiti in una zona di alpeggi, i popoli neolitici avrebbero potuto radunarsi al tumulo stagionalmente.

GUARDA I NOSTRI VIDEO - Adriano Forgione, direttore della rivista mensile FENIX, ci racconta dalla rocca di Tintagel, nel Sud dell'Inghilterra, la leggenda del concepimento di Artù, figlio di Uther Pendragon, Re Sacro, spiegando il significato metaforico di queste emblematiche figure, in un'approfondita analisi comparata delle tradizioni di tutti i tempi, tra storia, favole e miti, volgendo lo sguardo verso un unico comune denominatore: la vittoria della Luce sulle tenebre, il concepimento del Re del Mondo, Re di Pace e di Giustizia, Sacerdote di Sè stesso. 

Nell'ambito di un progetto congiunto tra English Heritage e l'Università di Manchester, gli archeologi stanno rimuovendo per la prima volta il tappeto erboso per rendere visibile la stratigrafia sottostante e registrare eventuali resti archeologici. Il nuovo scavo segue una ricerca intrapresa dalle Università di Manchester e Cardiff immediatamente a sud del monumento lo scorso anno che ha già cambiato il modo di pensare sull'orientamento e le origini del sito. Si presumeva che la Pietra di Arthur si trovasse all'interno di un tumulo di pietra a forma di cuneo, simile a quelli trovati nelle Cotswolds e nel Galles del Sud, ma il professor Julian Thomas di Manchester e il professor Keith Ray di Cardiff hanno scoperto che il monumento originariamente si estendeva in un campo a sud-ovest, e potrebbe aver avuto la forma di un basso tumulo di erba con estremità arrotondate. 

I professori Thomas e il professor Ray guideranno anche i prossimi scavi, con la partecipazione di studenti dell'Università di Cardiff e di una serie di istituzioni americane. Ciò fornirà nuove informazioni sui costruttori di tombe e consentirà al team di comprendere ulteriormente le dimensioni e la forma originali della Pietra di Artù.


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Gli scienziati scoprono la prima prova documentata di un intervento chirurgico su entrambe le ossa temporali e, molto probabilmente, la prima mastoidectomia radicale conosciuta nella storia dell’umanità…


a cura della redazione, 19 febbraio 

I ricercatori hanno scoperto la prima prova nota di un intervento chirurgico all’orecchio in un cranio del 3300 a.C., recuperato in una sepoltura megalitica nella provincia di Burgos, nella Spagna centro-settentrionale. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” il 15 febbraio scorso. All’interno del dolmen di El Pendón, che custodisce le ossa di centinaia di persone, un team di archeologi e ricercatori, guidato da Manuel Rojo Guerra, professore di Preistoria all’Università di Valladolid, ha individuato un cranio con due perforazioni bilaterali su entrambe le ossa mastoidi. Le analisi effettuate dai dipartimenti di Anatomia, Radiologia e Otorinolaringoiatria di Valladolid, in collaborazione con il Laboratorio di Evoluzione Umana (LEH) dell'Università di Burgos, indicano un intervento chirurgico eseguito per alleviare il dolore causato da una forte otite. Ipotesi avvalorata, secondo gli studiosi, dalla presenza di tagli al margine anteriore della trapanazione praticata nell’orecchio sinistro. Inoltre, i risultati delle analisi eseguite dimostrano la sopravvivenza del soggetto a entrambi gli interventi. È interessante notare che anche gli altri corpi rinvenuti nella "fossa comune" risultano aver sofferto, in vita, diverse patologie e lesioni, ancora al vaglio scientifico.

Il teschio era rotto e mancava di alcune parti, ma il neurocranio era completo e in posizione, così come l’osso nasale, gli zigomi e la mascella inferiore. È stato trovato disteso sul lato destro di fronte all’ingresso della camera funeraria. L’esame del cranio ha rivelato che apparteneva a una donna, probabilmente in età avanzata, poiché aveva perso tutti i denti e la sua cartilagine tiroidea era completamente ossidata. L’esame osteologico e le scansioni TC hanno rilevato che i canali uditivi esterni di entrambe le orecchie erano stati ingranditi. I bordi delle cavità sono risultai lisci, senza fratture o calli. La cosa più sorprendente è stato scoprire che queste cavità erano state ampliate mediante una forma di trapanazione inspiegabile per l'epoca. «Questo tipo di intervento, nonostante la sua antichità (5.300 anni), deve essere stato eseguito da autentici specialisti o da persone con determinate conoscenze anatomiche e/o esperienze terapeutiche accumulate. In questo senso, il ritrovamento nella tomba di un foglio di selce con tracce di osso tagliato e riscaldato più volte a una temperatura compresa tra 300º e 350º, autorizza a proporne l'uso come cauterio o strumento chirurgico per eseguire l'operazione», spiegano Cristina Tejedor Rodríguez e Sonia Díaz Navarro nel comunicato dell'Università di Valladolid.

I sette segni di taglio sul bordo della cavità, dove è stata effettuata la delicata operazione in prossimità dell’orecchio sinistro, sono un’ulteriore prova dell’intervento chirurgico. In base alla datazione attribuita al ritrovamento, quando ancora i metalli non erano in uso nella zona, la trapanazione e i tagli dovrebbero essere stati eseguiti con strumenti in pietra e senza alcuna anestesia. È possibile? Siamo di fronte alla più antica prova archeologica di questa tecnica chirurgica eseguita con una precisione millesimale. Le superfici interne delle cavità mostrano segni di riassorbimento spesso osservati nella mastoidite, un’infezione dell’osso appena dietro l’orecchio. In base ai riscontri sembra che si sia manifestata in età avanzata. Il che rende ancora più sorprendente l'intervento, avvenuto su ossa adulte. Prove di ascessi da mastoidite sono state scoperte in precedenza in altri crani antichi, ma non erano mai stati trovati segni di alcun tentativo di intervento chirurgico né di ricrescita ossea, indice di recupero post operatorio, ascrivibili a tale periodo della nostra preistoria. Questo cranio, invece, mostra una chiara evidenza di rigenerazione e rimodellamento osseo. 

L’analisi al radiocarbonio ha stabilito che il dolmen fu costruito all’inizio del IV millennio a.C.. La tomba fu utilizzata per circa 800 anni, tra il 3.800 e il 3.000 a.C., subendo una serie di riutilizzi, raggruppamenti e riduzioni di cadaveri nel corso del tempo, lasciandoci una fotografia del complesso mondo simbolico e rituale che ospitano simili monumentali costruzioni funerarie. Tale luogo di sepoltura è costituito da una camera centrale con un lungo passaggio d’ingresso. Il recinto è stato creato con grandi pietre erette attorno alle quali è stato costruito un tumulo, ora scomparso, di pietra e terra che originariamente aveva un diametro di quasi 25 metri. Una seconda fase di utilizzo, nell’ultimo quarto del IV millennio a.C. vide la trasformazione della camera funeraria nel sepolcreto collettivo, dove è stato trovato il cranio della donna. Gli altri corpi presenti furono disarticolati e i resti riposizionati secondo uno schema di matrice rituale. Per i ricercatori, dunque, la dispersione non fu casuale. Sono stati trovati almeno 15 diversi raggruppamenti di crani e bacini. In base alla ricostruzione degli studiosi, verso la fine di quel millennio, solo sei dei megaliti calcarei originali erano ancora in piedi, mentre le strutture del passaggio d’ingresso erano scomparse e l’ex tumulo aveva un diametro di pochi metri. Nonostante non avesse più una funzione funeraria, sono state trovate tracce che dimostrano come il sito sia stato ancora venerato come centro cerimoniale e comunitario per molti secoli ancora.


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a cura della redazione, 10 febbraio

Rimasti un mistero per oltre un secolo, i cilindri preistorici di gesso della Gran Bretagna, iniziano finalmente a far luce sulla civiltà che costruì il gigantesco cerchio di pietre megalitico. Non si tratta di strumenti musicali. A dimostralo il ritrovamento di un esemplare intatto reso noto solo oggi al pubblico, dopo sette anni dalla sua scoperta. Gli studiosi hanno annunciato, infatti, il ritrovamento di quella che è considerata la più importante opera d’arte preistorica dell’Isola d’oltre Manica. Il prezioso oggetto sarà in mostra al Brirtish Museum di Londra dal 17 febbraio al 17 luglio 2022 in “The World of Stonehenge”. Si tratta di una scultura cilindrica in gesso scoperta nel 2015 in una tomba neolitica vicino al villaggio di Burton Agnes.

Ne esistono solo altri tre esemplari, ma non così ben conservati. Il tamburo di Burton Agnes è scolpito in modo ancora più intricato e riflette le connessioni tra le comunità dello Yorkshire, di Stonehenge, delle Orcadi e dell’Irlanda di 5.000 anni fa. Il cilindro, a forma di tamburo, decorato con elaborati disegni geometrici è stato scoperto durante lo scavo in un sito, dove era previsto lo sviluppo di un impianto di energia rinnovabile. I motivi incisi su di esso devono ancora essere decifrati, ma si pensa abbiano un significato simbolico o religioso.

Sono stati individuati grazie a un’indagine geofisica, che ha rivelato due tumuli, uno circolare e uno quadrato. Nel tumulo circolare gli archeologi hanno scoperto una sepoltura centrale intatta, contenente i resti scheletrici di tre bambini. I due bambini più piccoli si tenevano abbracciati mentre il braccio del maggiore teneva i più piccoli. Il tamburo di gesso fu posto contro la testa del maggiore dei tre. La datazione al radiocarbonio dei resti umani ha stabilito che i bambini morirono tra il 3005 e il 2890 a.C.. Nella tomba sono stati trovati anche uno spillo d'osso levigato e una palla di gesso, reperti che sono stati trovati anche negli scavi di Stonehenge.

È molto simile nel design a tre “tamburi” di gesso portati alla luce a soli 30 chilometri da Burton Agnes, a Folkton nel 1889. Anche loro furono scoperti accanto ai resti di un bambino. Al momento del ritrovamento, i “tamburi2 non potevano essere assolutamente datati, ma la nuova scoperta porta l’età stimata per questi tre cilindri 500 anni indietro rispetto quanto si pensasse prima. Anche questi sono realizzati con gesso estratto localmente e decorati con volti umani stilizzati e motivi geometrici. Sulla loro sommità sono presenti una serie di cerchi concentrici e due di essi hanno come due occhi che denotano schematicamente un volto umano. Il design è simile agli oggetti realizzati nella cultura Beaker e nella prima età del bronzo britannica. Il loro scopo non è noto con certezza, sebbene le dimensioni dei "tamburi" possano essere significative: l’archeologa Anne Teather ha osservato che le loro circonferenze formano divisioni di numeri interi (dieci, nove e otto volte, rispettivamente), un’unità di misura utilizzate nella Gran Bretagna neolitica. 



"I tamburi sembrano essere stati creati in una serie accuratamente graduata di dimensioni, in modo che la circonferenza di ciascun di essi possa essere utilizzata per misurare una proporzione fissa di una lunghezza standard di 3,22 metri. Una corda di questa lunghezza si avvolge esattamente dieci volte attorno alla circonferenza del tamburo più piccolo ed esattamente nove, otto o sette volte attorno a ciascuna sequenza di tamburi più grandi. Studi precedenti hanno dimostrato che multipli della misura standard di 3,22 metri sono stati utilizzati per tracciare i diametri di grandi opere di sterro circolari e dei loro cerchi di pietra e legno a Stonehenge e Durrington Walls. Insieme alle nuove prove dello Yorkshire e del Sussex, ciò indica che uno standard di misurazione preistorico era ampiamente utilizzato nell'antica Gran Bretagna.La disposizione regolare di monumenti rituali grandi e complessi come Stonehenge implica che il cantiere sia stato ispezionato attentamente e che le dimensioni richieste per grandi pietre potrebbero essere trasferite a siti di cava di pietra situati fino a 260 chilometri di distanza. I cilindri di misurazione avrebbero fornito un metodo accurato e altamente portatile per garantire che le pietre estratte fossero della dimensione corretta e per garantire che monumenti di design simile potessero essere costruiti in luoghi ampiamente separati. Il gesso non è il materiale più adatto per la produzione di apparecchiature di misurazione e si pensa che i tamburi possano essere repliche di standard di "lavorazione" originali scolpiti nel legno - tuttavia, il legno non è conservato nella maggior parte dei siti archeologici neolitici e non sono stati trovati strumenti di misurazione in legno utilizzati nella Gran Bretagna preistorica. L'esistenza di questi dispositivi di misura implica una conoscenza avanzata di quella civiltà della geometria e delle proprietà matematiche dei cerchi". The Novium Musem



Tra le ipotesi di Teather, insieme a Andrew Chamberlain e Mike Parker Pearson, si pensa possano essere stati strumenti per misurare le lunghezze utilizzate nella costruzione di monumenti come Stonehenge e il circolo di legno a Durrington Walls. La circonferenza di ciascuno dei tamburi corrisponde a una suddivisione di 10 piedi lunghi neolitici, equivalente a 0,3219 metri.

Secondo la studiosa, però, la simbologia presente fa pensare si tratti di oggetti cerimoniali, sopravvissuti grazie al materiale insolito di cui sono fatti, mentre altri strumenti simili potrebbero essere stati realizzati in legno, più deperibile, e per questo potrebbero essere andati perduti. Simile ai tamburi di Folkton e Burton Agnes, è il tamburo di Lavant, un piccolo oggetto cilindrico in gesso del Neolitico scoperto nel 1993. Non è decorato, tuttavia, ed è possibile che i segni siano stati consumati. Era associato a un frammento di ceramica di Mortlake, il che implica una datazione del Neolitico medio. Attualmente, è conservato al museo The Novium di Chichester. Il Tamburo di Burton Agnes e gli esemplari di Folkton saranno esposti insieme nella nuova mostra del British Museum per cinque mesi.


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Un antico cimitero dell'età della pietra custodisce gli amuleti e le offerte rituali di 110 corpi, guidati da un cavaliere accompagnato nell'Aldilà dal su cavallo senza testa...


a cura della redazione, 9 febbraio

Gli scheletri di un uomo e di un cavallo senza testa, presumibilmente risalenti a 1.400 anni fa, sono stati scoperti in un cimitero nel sud della Germania. Si pensa che l’uomo fosse un vassallo dei re merovingi, che governarono nell’Europa centrale dal 476 al 750 d.C.. Una datazione ancora approssimativa, in attesa di conferme scientifiche, dedotta daIl’aver trovato i corpi di una intera comunità, ben 110 tombe, sepolti nei loro costumi tradizionali secondo l’usanza altomedievale. 

Gli esperti non sono sicuri del motivo per cui il cavallo sia stato decapitato, ma pensano che questo trattamento fosse parte della cerimonia di sepoltura dell’uomo, con il corpo del destriero come bene funerario. Tra le sue altre cose c’erano una spada dritta a doppio taglio conosciuta come “spatha” e una lancia. La testa del cavallo non è stata ancora trovata.  

Data la posizione di Knittlingen in un fertile paesaggio di vecchi insediamenti, le indagini hanno anche rivelato singoli reperti preistorici, dell'età della pietra", spiega l’archeologo Folke Damminger, responsabile della LAD, nel comunicato stampa del Consiglio Regionale di Stoccarda. Oltre a fosse aspecifiche, la planimetria della costruzione neolitica è a palo e si nota un fossato irregolare e arrotondato del diametro di circa 26 metri. I pochi frammenti ceramici che sono stati recuperati in loco indicano un periodo neolitico, intorno al 5000-4500 a.C.. La cosa interessante è che la maggior parte delle tombe di epoca medioevale è stata trovata disposta in file regolari, mentre i membri dell’élite locale sono stati sepolti “fuori sequenza” all’interno di un fossato circolare del diametro di 10 metri. 

Il cimitero medievale, un po’ a ovest del centro di Knittlingen, fu scoperto per la prima volta nel 1920 durante i lavori di costruzione di una linea ferroviaria. L’uomo trovato sepolto accanto al suo cavallo era probabilmente al servizio della dinastia merovingia. “Probabilmente un membro dell’élite locale, molto probabilmente era il capo di una clan composto dalla sua famiglia e dai suoi servi”, spiega Damminger. Gli studiosi ipotizzano che l’elaborata sepoltura dell'uomo sia stata organizzata dal gruppo per riaffermare la sua - e la loro - posizione sociale. “Come se con tale cerimonia si assistesse a una messa in scena dello status del defunto, una sorta di atto propiziatorio per garantire ai successori il continuum di tale benessere”, dice l’archeologo escludendo l’ipotesi del sacrificio rituale. Perché tagliare la testa al cavallo allora? Qualcosa non torna.

Anticamente, la sepoltura con il proprio cavallo oltre ad esprimere la memoria collettiva di un popolo in ossequio al defunto, aveva la valenza di guida verso l’altro mondo. II simbolismo della decollazione, però, associato a tale animale solare implica il risveglio dell’immanifesto e l’abbandono delle pulsioni emozionali legate alla natura animale. Tale connotazione, che fa riferimento a un bagaglio di credenze, erroneamente relegate a meri culti pagani, tramandate nel tempo da miti e leggende, sono state assimilate in una complessa sovrapposizione culturale, che trova una significativa espressione sia nella cultura materiale che in alcune forme rituali. Svariati rinvenimenti archeologici enfatizzano il forte legame con il mondo degli animali in ambito funerario, con particolare riferimento alle sepolture equine acefale. Solo lo studio osteologico in corso potrà determinare se la dissezione, a livello della prima vertebra cervicale, sia un fatto casuale oppure corrisponda a una pratica rituale osservata e studiata in Italia (Collegno e Sacca di Goito, Povegliano Veronese), Germania (Donzdorf) e in Austria (Zeuzleben) in una casistica abbastanza ampia di inumazioni che comprendevano deposizioni, intere o parziali, dei cavalli sacrificati in fosse predisposte accanto a quelle dei loro proprietari. Per quel che se ne ha traccia, tale rito, che si differenzia profondamente da quello nomadico di origine euro-asiatica, caratterizzato invece dall’inumazione nella medesima tomba del cavallo e del cavaliere (in Italia è attestato nella necropoli di Campochiaro nel Molise), nacque nelle aree europee centrali tra III e V secolo e si diffuse successivamente nei territori estesi ad est del Reno fra le popolazioni germaniche che comprendevano Franchi orientali, Alemanni, Longobardi e Turingi. 

Nel luogo il team ha riferito di aver esaminato 110 tombe in totale, alcune delle quali erano semplici sepolture mentre altre utilizzavano bare di legno e camere funerarie più elaborate. In quelle maschili, gli uomini, sono stati sepolti accanto alle loro armi, tra cui punte di freccia, lance, scudi e spade, mentre altri sono stati sepolti con oggetti di lusso, come una donna cui è stata trovata accanto una spilla d’oro. Altri corredi funerari includevano amuleti, bracciali, fibbie per cinture, orecchini, collane di perle e fermagli per abiti, insieme a ciotole di bronzo, pettini, coltelli e vasi di ceramica. Questi ultimi, indipendentemente dal sesso e dall'età del defunto, contenevano ossa di animali e gusci d'uovo.

Secondo gli archeologi, queste sepolture sono notevolmente più sontuose delle loro controparti della fine del VII secolo. A chi appartenevano realmente? La loro peculiarità numerica, incastonate all’interno delle lune neolitiche, la simbologia degli amuleti, la connessione alla ritualità sacrificale del cavallo fanno supporre si trattasse di un gruppo particolare. Dopo aver trasportato i reperti al Rastatt per le analisi, i ricercatori stanno ora studiando i resti del cavallo senza testa e del suo cavaliere, con l’obiettivo di conoscere l’età dell’uomo, il suo stato di salute, la probabile causa della sua morte e forse qualcosa di più sulla sua vera identità.


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