Un’enorme formazione artificiale simmetrica, indica la presenza di una misteriosa civiltà dotata di sofisticate capacità ingegneristiche di adattamento al clima, almeno 3.600 anni fa, nella penisola arabica orientale…


a cura della redazione, 4 febbraio

Gli studiosi alla ricerca di fonti d’acqua sotterranee, per un progetto finanziato dall’Agenzia degli Stati Uniti per gli aiuti e lo sviluppo internazionale, hanno scoperto per caso i contorni di un insediamento artificiale, con una forma, una consistenza e una composizione del suolo in netto contrasto con le caratteristiche geologiche circostanti. La datazione dei campioni di carbone recuperati suggerisce che abbia almeno 3.650 anni. L’area paesaggistica, perfettamente simmetrica e direzionata, misura due chilometri per tre ed evidenzia tracce di contorni di "un’installazione umana".

Parliamo di una delle più grandi potenziali “città” scoperte nell’area e per di più sotterranea! È stata identificata utilizzando immagini satellitari avanzate in una zona desertica del Qatar, dove in precedenza si pensava che ci fossero poche prove di civiltà stanziali antiche. Il nuovo studio, pubblicato a fine gennaio 2022, sull’ISPRS Journal of Photogrammetry and Remote Sensing (PDF), contrasta con la narrativa secondo cui questa penisola era popolata solo da nomadi, e le prove mappate dallo spazio indicano che la civiltà che la edificò aveva una comprensione sofisticata di come utilizzare le acque sotterranee. La ricerca sottolinea, anche, un’abilità ingegneristica fuori contesto temporale, probabilmente dovuta alla necessità "critica", di chi viveva in quella “metropoli sotterranea”, di studiare l’acqua e salvaguardarla dalle fluttuazioni climatiche nelle zone aride.   

Utilizzando i normali strumenti di imaging satellitare, e attraverso l’osservazione della superficie terrestre, l’insediamento non era visibile dallo spazio. “Makhfia”, il nome attribuito dai ricercatori della University of Southern California Viterbi School of Engineering e del Jet Propulsion Laboratory della NASA - che si riferisce a un luogo invisibile nella lingua araba locale - è stato scoperto utilizzando apparecchiature molto sofisticate, che abbiamo solo oggi. Le immagini che ne hanno permesso il rilevamento sono state scattate grazie a un particolare radar ad apertura sintetica in banda L . 

Sebbene non sia possibile vedere a occhio nudo i resti dei monumenti o le mura dell'insediamento, le prove sono state rintracciate nel suolo circostante. Il sito ha una struttura e una composizione della superficie diverse rispetto al resto del terreno, una disparità tipicamente associata ad attività di semina. Secondo gli esperti, un insediamento di queste dimensioni in questa particolare area, che è lontana dalla costa dove si trovavano la maggior parte delle civiltà antiche, è insolito. Qui, oggi abbiamo una media di circa 110 gradi Fahrenheit nei mesi estivi. È come trovare prove di un ranch verdeggiante nel mezzo della Death Valley, in California, che risale a migliaia di anni fa. 

L’autore principale della ricerca, Essam Heggy, dell’USC Arid Climate and Water Research Center, descrive il sito come simile a una “fortezza circondata da un terreno molto accidentato”, rendendo l’area quasi inaccessibile. Questa scoperta ha importanti implicazioni storiche e scientifiche. Potrebbe essere la prima prova della presenza di una comunità sedentaria sconosciuta nell’area e forse la prova di conoscenze d’ingegneria avanzata anacronistiche per quel periodo di tempo. 

Alla sensazionale scoperta si aggiunge il mistero di chi fosse questa cultura e perché sia scomparsa. Soprattutto, gli studiosi ritengono che tale "mega insediamento" sia stato utilizzato per un lungo periodo, in funzione della dipendenza dalle acque sotterranee per sopravvivere. Un fatto che testimonia un’abilità tecnologica incredibile, date le complesse falde acquifere e il terreno aspro del Qatar. 

Ci sono prove evidenti che gli abitanti di questo insediamento praticassero l’assorbimento profondo delle acque sotterranee, accedendo alla preziosa risorsa per il loro sostentamento attraverso fratture nel terreno, al fine di utilizzare l'acqua per l’irrigazione delle colture e per le esigenze di vita quotidiana. Gli studiosi ritengono che una popolazione con conoscenze sufficienti per sfruttare tali risorse idriche sotto terra, imprevedibili e inaccessibili, scavando attraverso il calcare duro e la dolomite, sarebbe stata sicuramente in anticipo sui tempi nel mitigare la siccità all’interno di ambienti difficili. Ma soprattutto, con quali strumenti lo avrebbe fatto?

Perché la gente dovrebbe preoccuparsi delle rovine di questo antico insediamento? Perché secondo i ricercatori la capacità di questa cultura di mitigare le fluttuazioni climatiche potrebbe essere la nostra storia. Molti pensano che il cambiamento climatico sia qualcosa che ci attende nel futuro - prossimo - o che sia semplicemente avvenuto molto tempo fa, nel passato “geologico” della Terra. Questo sito, però, mostra che i nostri recenti antenati hanno fatto della sua mitigazione una chiave per la loro sopravvivenza. Come e perché resta un mistero da risolvere...


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