Viali funerari di 4.500 anni fa sono stati identificati nell'Arabia Saudita nordoccidentale. I viali corrono lungo migliaia di tombe di pietra a forma di ciondolo e coprono circa 600 chilometri...


a cura della redazione, 17 gennaio 

I ricercatori della Royal Commission for AlUla in collaborazione con l’Università dell’Australia occidentale hanno scoperto una rete di strade lunga 170 chilometri in Arabia Saudita, che risalirebbe ad almeno 4.500 anni fa. I viali, che si ipotizza possano essere stati utilizzati per processioni rituali, sono fiancheggiati da antiche tombe a forma di ciondolo, che sembrano avere delle “code”, e  da tumuli ad anello circondati da un muro alto fino a due metri. L’indagine archeologica ad ampio raggio è stata condotta nell’ultimo anno, utilizzando immagini satellitari, fotografie aeree, rilievi del suolo e scavi per individuare i reperti. 

Dai risultati pubblicati sulla rivista The Holocene a dicembre, risulta che i “viali funebri” si estendono su grandi distanze nelle contee arabe nord-occidentali di Khaybar e Al-‘Ula, una vasta area che comprende 22.561 chilometri quadrati e contiene numerosi resti archeologici risalenti a migliaia di anni fa. Una zona dove, secondo Live Science, con l’ausilio di Google è stato identificato un numero presunto di tombe pari a 1 milione. Il team ha potuto per ora verificarne l’esistenza di circa 18.000 lungo i viali funerari, ma solo 80 di queste al momento  sono state campionate o scavate per la ricerca. 

Utilizzando la datazione al radiocarbonio, i ricercatori hanno determinato che un gruppo concentrato di campioni risaliva tra il 2600 e il 2000 a.C., sebbene le tombe sembra siano state riutilizzate fino a circa 1.000 anni fa. Intorno ad al ‘Ayn e al Wadi brevi tratti di viali sono interamente asfaltati e disseminati di una caratteristica roccia rossa, là dove dal pavimento dell’oasi si sale sugli altipiani circostanti dei campi di lava. Entrambi i tratti sono associati a pendenti particolarmente grandi. La stragrande maggioranza dei "ciondoli" lungo i viali funerari sono orientati perpendicolarmente al percorso, indipendentemente dal suo orientamento. Raramente, e senza alcuna relazione distinguibile con le loro dimensioni o la morfologia, sono orientati obliquamente. La posizione della coda dei tumuli rispetto ai viali, inoltre, suggerisce una loro funzione di guida, come una cometa, verso il monumento funerario, con una distanza media l’uno dall’altro tra i 4 e i 10 metri.

Le caratteristiche più sorprendenti di questi viali funerari sono i loro collegamenti a e tra sorgenti d’acqua perenni e il notevole numero di monumenti funebri costruiti attorno a molte oasi, in particolare quelle ai margini dell’Harrat Khaybar. Intervistato dalla CNN, Mat Dalton, autore principale dell’articolo, ritiene che “la rete di viali avrebbe facilitato i viaggi a lunga distanza e seguendo queste reti, le persone avrebbero potuto percorrere una distanza di almeno 530 chilometri da nord a sud”. Ci sono accenni di tali strade nell’Arabia Saudita meridionale e nello Yemen. 

Gli archeologi non sanno molto dei rituali legati a questi luoghi. I resti umani all’interno delle tombe sono stati trovati in cattive condizioni e alcune tombe sono state derubate, lasciandole prive di manufatti. Il ricercatore Eid Al-Yahya intervistato da Arab News, ha sottolineato però che ne esistono più di 100 modelli diversi a  Khaybar, conosciuto anche come Harat Al-Nar, ognuno con una forma architettonica distintiva, dove furono sepolti singoli individui o piccoli gruppi, con i corpi deposti in una posizione fetale. Poiché simili  monumenti non potevano essere aggiunti o allungati una volta che la coda e la testa dei “ciondoli” erano state costruite, i ricercatori ritengono siano stati progettati con un disegno ben preciso, pensando a una dimensione e una forma finali. Inoltre, i pendenti dello stesso tipo mostrano spesso raggruppamenti distintivi. Comunemente, coppie di dimensioni simili si fronteggiano lungo un viale, come gemelli orientati in parallelo, creando una sorta di “portale” visivamente impressionante.

“Queste tombe - spiega - simboleggiano le costruzioni fatte da persone che vivevano in prosperità, non in un deserto arido, e puntano verso il cielo, testimoniando una civiltà che aveva un’antica tradizione celeste”. Più o meno nello stesso periodo in cui furono costruite le tombe e i viali di Khaybar, gli antichi Egizi avrebbero costruito le loro piramidi, sempre che quelle della Piana di Giza non siano più antiche. In Arabia Saudita sono state trovate grandi strutture in pietra che risalgono a migliaia di anni prima e che non sembra abbiano ricevuto linfluenza neppure delle civiltà fiorenti in Mesopotamia, a nord dell’Arabia, dove troviamo grandi città e templi a forma di piramide, conosciuti come ziggurat.  Le strutture a forma di cancello chiamate mustatil furono costruite, infatti, 7.000 anni fa e potrebbero essere state utilizzate per un culto preistorico.


RIPRODUZIONE RISERVATA ©Enigmaxnews2022

Scoperta in Italia la sepoltura altamente decorata di 10.000 anni fa di una bambina adornata con 60 perline in conchiglie perfettamente forate, quattro ciondoli ricavati da frammenti di bivalvi e un artiglio di gufo reale...


Scientific Report (Nature), 14 dicembre

Scoperta in Italia la sepoltura altamente decorata di 10.000 anni fa di una bambina adornata con 60 perline in conchiglie perfettamente forate, quattro ciondoli ricavati da frammenti di bivalvi e un artiglio di gufo reale. Gli archeologi l'hanno chiamata Neve, è la bambina più antica mai ritrovata in una sepoltura del primo Mesolitico in Europa. La scoperta, appena pubblicata sulla rivista "Nature", è stata fatta in Liguria, nella grotta Arma Veirana, nell'entroterra di Albenga, in provincia di Savona. Gli esami del DNA e dei denti hanno portato gli scienziati a indicare che la neonata avesse tra i 40 e i 50 giorni di vita quando morì. Questa scoperta testimonia come tutti i membri della comunità, anche i neonati, anticamente erano riconosciuti come persone a pieno titolo e godevano di un trattamento egualitario. La sepoltura di Neve è simile a quella di bambini di 11.500 anni precedentemente trovati a  Upward Sun River, in Alaska. Ciò suggerisce che questo atteggiamento sociale potrebbe avere origine da una cultura ancestrale condivisa con i popoli che migrarono in Europa e Nord America. La scoperta, e lo studio correlato, sono frutto del lavoro di un team coordinato da ricercatori italiani - Stefano Benazzi (Università di Bologna), Fabio Negrino (Università di Genova) e Marco Peresani (Univerisità di Ferrara) - e comprende anche studiosi della University of Colorado Denver (Usa), dell'Università di Montreal (Canada), della Washington University (Usa), dell'Università di Tubinga (Germania) e dell'Institute of Human Origins dell'Arizona State University (Usa). Gli scienziati sottolineano, nell'articolo, come sia molto raro ritrovare sepolture ben conservate come questa nel periodo in questione, immediatamente dopo la fine dell'ultima glaciazione. Arma Veirana è un luogo popolare nell'Italia nord-occidentale, non solo tra le famiglie locali, ma anche tra i saccheggiatori, i cui scavi hanno portato alla luce gli strumenti della tarda era glaciale che per primi hanno attirato l'attenzione degli archeologi nel 2015. Il team ha trascorso le prime due stagioni lavorando vicino all'imboccatura della grotta, dove hanno scoperto i cosiddetti strumenti "musteriani" associati ai Neanderthal e risalenti a più di 50.000 anni fa. Incuriositi dalla scoperta di strumenti più "recenti", che sembravano essere erosi dalle profondità della grotta, i ricercatori hanno iniziato a esplorare questi strati di sedimenti, dissotterrando una serie di perline di conchiglie perfettamente perforate, come da uno strumento di alta tecnologia, che presto hanno portato alla scoperta della calotta cranica di Neve da parte dell'antropologa Claudine Gravel-Miguel. 


RIPRODUZIONE RISERVATA ©Enigmaxnews2022

La nuova datazione al radiocarbonio di alcuni dei 10.000 monoliti di pietra nel sito archeologico di Sakaro Sodo, nel sud dell'Etiopia, indica che il più antico dei monumenti stele alti sei metri a forma di fallo è estratto, eretto e scolpito nel I secolo d.C., circa 1.000 anni prima di quanto si pensasse in precedenza. Nonostante la natura impressionante del sito archeologico, si sa poco sul perché o su come siano stati costruiti i monoliti...


Washington State University (WSU), 9 dicembre

La nuova datazione al radiocarbonio di alcuni dei 10.000 monoliti di pietra nel sito archeologico di Sakaro Sodo, nel sud dell'Etiopia, indica che il più antico dei monumenti stele alti sei metri a forma di fallo è estratto, eretto e scolpito nel I secolo d.C., circa 1.000 anni prima di quanto si pensasse in precedenza. Nonostante la natura impressionante del sito archeologico, si sa poco sul perché o su come siano stati costruiti i monoliti. Per l’archeologo Ashenafi Zena, autore principale dello studio ed ex ricercatore di dottorato della WSU ora presso la State Historical Society of North Dakota, e Andrew Duff, professore di antropologia alla WSU, le pietre nella zona di Gedeo variano per dimensioni, funzione e disposizione nel paesaggio, e alcune sono state scolpite con volti o altri disegni. I monumenti disposti in uno schema lineare possono aver commemorato il trasferimento di potere o un rito iniziatico, mentre si pensa che alcune delle pietre più recenti a Tuto Fela siano state utilizzate come segni di sepoltura. Le nuove date suggeriscono che i monumenti più antichi furono eretti all'incirca nello stesso periodo in cui furono introdotti nella regione l'addomesticamento degli animali e sistemi sociali ed economici più complessi. Oltre a spostare di un millennio la data della prima costruzione dei monoliti, i ricercatori hanno anche determinato dove gli antichi costruttori del sito probabilmente estraevano la pietra grezza per il progetto. Hanno anche identificato, per la prima volta, le prime fonti conosciute di manufatti di ossidiana che sono stati recuperati dai siti delle stele di Gedeo. Sorprendentemente, la maggior parte dell'ossidiana che i ricercatori hanno identificato a Sakaro Sodo proviene da circa trecento chilometri di distanza, nel nord del Kenya, dimostrando che le persone di quei luoghi ricavavano le loro materie prime attraverso lo scambio o il commercio.


RIPRODUZIONE RISERVATA ©Enigmaxnews2022

A ovest di Huánuco, si trova una huaca preispanica che ha l'aspetto di un promontorio naturale edificato dall’uomo 3.800 anni fa. Si tratta di una delle più antiche testimonianze di costruzioni dedicate all'attività cerimoniale o religiosa in Perù...


a cura della redazione, 9 dicembre

A ovest di Huánuco, si trova una huaca preispanica che ha l'aspetto di un promontorio naturale edificato dall’uomo 3.800 anni fa. Il suo nome è Kotosh e significa, appunto, “monte di pietre”. Si tratta di una delle più antiche testimonianze di costruzioni dedicate all'attività cerimoniale o religiosa in Perù, e la forma dei suoi templi a tre strati terrazzati, come la disposizione dei suoi elementi interni, lo rendono il fulcro del più antico movimento religioso delle Ande peruviane. Scoperto negli anni trenta dello scorso secolo, fu associato dall’archeologo Giulio Cesare Tello a una delle prime popolazioni andine, quale anello di congiunzione nella storia della civiltà peruviana, la cui massima espressione fu la città sacra di Caral. Dopo la scomparsa di Tello, non ci furono più ricerche nella zona, fino a quando nel 1960 l'Università di Tokyo inviò una spedizione guidata da Seichi Izumi. Nel team anche l'archeologo Toshinico Sono, l'antropologo Kazuo Terada e altri specialisti. La squadra ha rimosso i detriti a Kotosh, fino a trovare i resti di un'antichissima costruzione del preceramico. Sulla parete nord sono stati rinvenuti una coppia di rilievi fittili che rappresentano due braccia incrociate, da destra a sinistra e per questo motivo questo edificio è stato chiamato "Tempio delle Mani Incrociate". Nel 1963 un altro rilievo simile fu trovato sulla stessa parete, ma con il braccio sinistro sopra il destro. Le sculture delle mani incrociate sono le più antiche trovate in Perù. Alcuni sostengono che rappresentino la dualità e la complementarità. Anche il doppio livello del pavimento del tempio è considerato un'espressione materiale del "dualismo" in questo sito. A partire dal 1960, gli archeologi hanno completamente disseppellito il tempio confermandone l’età plurimillenaria. Risalirebbe almeno al 1800 a.C..  Si tratta di un complesso di varie edificazioni a scopo religioso, senza finestre, con una sorta di pozzo o fossa centrale. Questa antichissima huaca, non solo è la più precoce architettura cerimoniale delle Ande, ma risulta essere edificata in un punto magnetico che amplifica la voce del visitatore rispetto alle altre persone presenti. Kotosh comprende anche due templi naturali: il tempio della Purificazione, dove si eseguivano le abluzioni sacerdotali e le cerimonie di iniziazione, per poi passare la notte in meditazione nel tempio naturale della Luna, Quillarumi, e con l'alba ricevere il bagno dell'aurora, il Sacro Fuoco, officiando il Padre Inti (Sole). Il Quillarumi si trova sulla cima di una montagna sul lato sud ovest del tempio Kotosh. E' una formazione rocciosa a forma di mezza luna, ornata con pitture rupestri ancora più antiche. Sul lato sinistro ci sono simboli e scene della vita spirituale e sul lato destro scene della vita materiale.


RIPRODUZIONE RISERVATA ©Enigmaxnews2022